Il giusto confine
Esercizi sul Territorio Intermedio
Il ritorno al territorio è uno dei fenomeni più evidenti e significativi che stiamo vivendo, a livello nazionale come pure a livello internazionale. L’attenuazione o la scomparsa delle forze tradizionali di coesione sociale (come le ideologie, i blocchi, le classi sociali) suscitano richiami crescenti verso le “piccole patrie”, anche se con modalità e ispirazioni diverse a seconda dei vari Paesi, ma con una comune spinta primordiale: il recupero del territorio quale strumento di identità forte sino ad assumere talvolta le caratteristiche di un vero e proprio “fondamentalismo” di nuovo tipo. Per questo il confine assume rilevante importanza, costituendo a un tempo realtà e metafora degli interessi e dell’identità collettiva spinti da un lato ad aprirsi verso le dimensioni internazionali e richiamati, dall’altro, verso il “territorio minimo”. Ma dove si colloca allora il giusto confine, tra spazi ampi, dove far correre i processi nuovi e spazi ristretti, dove ritrovare identità e coesione sociale?
Si profila l’esigenza di fare esercizio su di un territorio intermedio che sfugga ai richiami pendolari (dall’internazionalizzazione indistinta al localismo angusto), per sviluppare una cultura rinnovata in cui la “misura” (il nomos) del proprio territorio di riferimento sappia arricchire e ricomporre le proprie dimensioni tradizionali e ristrette di riferimento. Rivisitare i confini e fare esercizi sul territorio intermedio costituiscono dunque compiti che interessano a un tempo la cultura, la società e la politica. Si apre una stagione di molteplici confini, delle identità e dei livelli di governo territoriale che richiedono di declinare le responsabilità di un Paese cresciuto e non solo la difesa prudente e rassicurante di uno spazio conosciuto.
Disponibilità: Non disponibile
Edizione: Il Sole 24 Ore, Milano, 1992, pp. 160
Formato: 16,5×23,5 cm, brossura





